Addio a Luigi Nani, l'uomo che sapeva volare

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21/07/2006
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Una vita sulle ali della passione. Sintetizzare in una frase un'intera esistenza è certo difficile, ma caratterizzare la figura di Luigi Nani attraverso la sua passione per il volo non è fuori luogo. Il signor Nani è morto a Gandino nei gioroni scorsi per un male repentino rivelatosi fatale. Nato nel 1913, ha portato avanti da sempre un'abilità artigianale certamente originale: costruire aeroplani. Non pensino i più ad un semplice esercizio di modellismo, visto che il signor Luigi ha lavorato fra il 1937 ed il 1944 alla celeberrima fabbrica di aerei Caproni di Ponte San Pietro.
Erano anni duri, con un conflitto mondiale di mezzo e con grandi difficoltà che non si limitavano alla necessità di raggiungere Ponte in bicicletta ogni lunedì per ritornare a casa il sabato successivo. I racconti del signor Luigi erano pieni di orgoglio e nostalgia. I velivoli pronti in fabbrica venivano trasferiti a Roma con inspiegabili insegne svedesi («i cappelli da prete», secondo il gergo di allora). Le riparazioni creative e gli adattamenti formavano un insieme di ricordi cui il tempo ha donato spessore di «mestiere». Ma non erano solo i ricordi a fare del signor Luigi un piccolo grande personaggio. Dopo diversi decenni (trascorsi per lo più nel negozio di ferramenta di via Bono, ora gestito dal figlio) l'antico mestiere riaffiorò impetuoso per una semplice coincidenza: un kit di aeromodellismo ricevuto in regalo. Lui apprezzò il dono, ma soprattutto ben comprese che quella era una volgare imitazione, che gli aerei non si costruivano certo con la plastica, la colla e le etichette adesive.
Iniziò allora una piccola grande sfida, mirata a realizzare modelli sempre più sofisticati, riprodotti fedelmente in scala sin nei più piccoli particolari e soprattutto dotati di comandi perfettamente funzionanti, come i movimenti dei flaps delle ali o della ritrazione del carrello. Il signor Luigi realizzava con pazienza certosina questi modelli. La materia prima era l'alluminio, ricavato dalle latte di scarto che spesso recuperava di persona alla piattaforma ecologica del Comune. Le lastre venivano piegate e appiattite una per una, usando spesso il «martello a palla». Espedienti, intuizioni al limite del brevetto, supportati da una scrupolosa ricerca su libri specializzati, reperiti dal genero (appassionato aviatore che risiede in Germania) o dai figli. Gli ampi saloni della casa di via Salvatoni sono ancora oggi vere e proprie esposizioni, con una ventina di velivoli appostati in ogni angolo e pronti al decollo.

Autore: 

Gian Battista Gherardi

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