«A caccia» della formaggella dop

In alpeggio gli studiosi del Cnr: l'obiettivo è di creare un prodotto tipico

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24/08/2006
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La cascina della Comunità montana al Campo d’Avene.
La formaggella della Val Seriana si dà un anno di tempo per cercare il suo «Dna». L'obiettivo è quello di individuare le caratteristiche organolettiche tipiche, cui dovranno uniformarsi i produttori che vorranno avere un prodotto dop. È in corso, infatti, alla baita del Campo d'Avene una sperimentazione per isolare un ceppo batterico specifico, in grado di caratterizzare la formaggella tipica di questa zona. Lo studio sperimentale sui prodotti caseari d'alpeggio all'alpe Campo d'Avene, in territorio di Gandino, vede impegnati l'Istituto di scienze delle produzioni alimentari (Ispa) del Cnr, sezione di Milano, e la Comunità montana seriana. Il progetto, promosso dall'assessorato all'Agricoltura guidato da Sergio Anesa, intende dare vita a un'attività di ricerca sul campo e sperimentazione nel settore della trasformazione lattiero-casearia in alpeggio, con particolare riferimento alla produzione della «formagèla Valseriana» e alla realizzazione di un lattoinnesto specifico. Nello specifico, si intende individuare e selezionare un ceppo batterico in grado di caratterizzare la formaggella tipica di questa zona attraverso procedure omogenee di lavorazione del latte, così da mettere a punto un protocollo che possa essere rispettato da tutti i produttori di quel tipo di formaggio, al fine di ottenere un prodotto omogeneo e di qualità. La sperimentazione si svolge alla cascina che la Comunità montana di Albino ha completamente ristrutturato quattro anni fa, con il coordinamento tecnico scientifico di Roberta Lodi del Cnr e quello organizzativo di Alain Zanchi, coadiuvato da due universitari che stanno preparando una tesi di laurea. La convenzione ha una durata annuale, coinvolge una settantina di bovini, tra cui 25 mucche da latte che si cibano esclusivamente del foraggio presente attorno all'alpe Campo d'Avene, posta a 1.265 metri di quota, con una superficie complessiva di 219 ettari di cui quasi 43 a pascolo. La cascina, raggiungibile sia da Gandino (Valpiana), che dal monte di Sovere attraverso una pista carrabile in fondo naturale percorribile anche da trattori di media dimensione, ha nelle vicinanze tre pozze di abbeverata (pozzi della Piana, di Fogarolo, della Croce). La baita è disposta su due piani: al piano terra ci sono sia i locali adibiti a stalla e porcilaia, sia quelli a uso abitativo (cucina-soggiorno con caminetto, bagno, scale che portano al primo piano e a una cisterna d'acqua); comunicante con la cucina c'è il locale di lavorazione per la produzione casaria da cui si accede direttamente al locale stagionatura. Al piano superiore sono due stanze da letto. La cascina è dotata di due cisterne in vetroresina per la raccolta dell'acqua, mentre sul retro si trova un'ampia «penzana» o tettoia in grado di ospitare circa 10 capi adulti. La baita è dotata di impianto di illuminazione collegato a pannelli fotovoltaici, alimentato anche da un gruppo elettrogeno in dotazione all'alpe.

Autore: 

Franco Irranca

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