Se un turista, d’inverno arrivasse nelle 5 terre...

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Data pubblicazione: 

14/01/2011
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Spettabile Redazione Araberara Sono un vostro lettore e seguo il vostro giornale soprattutto per le notizie che provengono dalla Valgandino, dove risiedo.
Devo sfogarmi con voi perché ho la sensazione sgradevole di essere preso in giro da tutti gli amministratori comunali di questa povera valle. Il mio intervento è indirizzato soprattutto per l’iniziativa turistica denominata ‘Le Cinque Terre della Valgandino’. A parte l’infelice ed originalissima denominazione di tale iniziativa, quello che mi dà fastidio è vedere amministratori, fautori indefessi di tale sperimentazione, essere gli stessi che vent’anni prima hanno dato la possibilità ai grandi industriali della Valle, di distruggere campi di granoturco, prati e piccole colline, per far posto alle loro fetide e malefiche fabbriche. Questi veri industriali, senza peccato, né macchia, premiati cavalieri del lavoro incoronati dai loro compari della CONFINDUSTRIA di Bergamo, ora se ne sono andati a produrre in zone lontane, dopo averci distrutto interi territori e lasciandoci numerosi siti vuoti e improduttivi.
Adesso i poteri forti e l’intellighenzia di Bergamo, vogliono farci intendere, anche utilizzando i servizi televisivi di Bergamo Tv, che siamo paesi ricettivi ai turisti, nati per ricevere milioni di visitatori e far veder loro le nostre bellezze anche se si tratta di capannoni vuoti. A questo punto vi invito a seguirmi per un classico tragitto turistico della nostra valle con un coraggioso visitatore che arriva per puro caso a Gandino.

Gandino
Superata la salita che da Leffe porta a Gandino, il turista si trova davanti al famoso ‘caminù’, una ciminiera industriale, alta una trentina di metri lasciata ai posteri, per ricordare che una volta la valle era la sede di numerose ditte manifatturiere. Dietro al ‘caminù’ si erige lo stabile vuoto dei vecchi uffici e magazzini della Radici Spa, con vetri rotti, con le mura sgretolate, che se non fossimo sicuri d’essere in Italia, sembra un edificio abbandonato della periferia di Sarajevo.
Salendo ancora verso la provinciale si trova uno stabile troppo moderno ed esteticamente ingombrante dell’arredamenti Valgandino, il nostro ‘centre Pompidou’, seguito a ruota da altri magazzini e vecchie fabbriche. Ci dirigiamo verso il centro storico che risulta sporco, ammuffito, tutta la strada centrale è uno schifo totale, la stessa banca Intesa, è situata in un immobile lurido e tetro che sembra d’essere ai quartieri Spagnoli di Napoli. Di fronte alla banca si erige l’immobile della vecchia filanda ma è un gioiello architettonico che nessuno è in grado di salvare. Passi per le varie chiese il famoso museo, dove il turista si potrebbe anche meravigliare per la presenza non secondaria d’opere d’arte e delle ricchezze degli arredi sacri.
Ma tutto si ferma lì. Usciamo dal museo e passiamo da via Dante, vicino al Comune, essendo pavimentata in modo regolare ed in buono stato dà alle case che vi si affacciano un po’ di decoro, tenendo presente che il nostro centro storico è il più esteso della provincia di Bergamo è poca cosa. Nessuna amministrazione di Gandino, ha avuto un progetto per abbellire e modernizzare un centro storico che racchiude dietro a portoni sempre chiusi, piccoli capolavori di un’architettura povera ma razionale come quella montana.

Farno
Saliamo verso il monte Farno e al nostro turista apparirà un edificio che dire scandaloso è dir poco, sia per il suo impatto ambientale e sia per il suo color giallo tipo epatite, è la famosa ex ‘Colonia’ delle suore orsoline. Sarà proprio il turista a dirti: “Ma questo edificio è quello che si vede dall’autostrada A4 dopo Trezzo, all’altezza dello stabilimento della Star”, (provateci anche voi ad individuarla senza schiantarvi contro un tir), e tu gli risponderai tergiversando che è proprio quello.
Immediatamente però gli farai anche notare (perché sei un operatore turistico) che dalla cima del Pizzo Formico si potrà vedere, sempre se il tempo è sereno, il profilo del Monviso. Il turista ride, come se gli avessimo detto una fregnaccia, ma è l’unica cosa vera su cui possiamo puntare. Verso mezzogiorno, sempre sul Monte Farno il turista ti dice che ha fame e vorrebbe mangiare i famosi casoncelli, a quel punto vai nel panico, sei costretto a dirgli che per provarli dovrà camminare per circa due ore nel tentativo di raggiungere il ‘rifugio Parafulmine’, perché sul Monte Farno, non c’è neppure l’ombra di una bettola.
Al rifugio, se abbiamo prenotato, ci sarà un piatto di casoncelli fumanti e se siamo fortunati anche una fetta di polenta avanzata del giorno prima ripassata sulla griglia, che gli faremo credere essere una leccornia dalle nostre parti.

Leffe, Casnigo e Cazzano
Facciamo finta d’aver mangiato e scendiamo dal Monte Farno. Dalle pendici il nostro turista vede un panorama non indifferente, anche se sarebbe stato meglio farglielo vedere di notte. Di notte infatti, non si vedono le varie fabbriche in località ‘prat bel’ e sarà lui a farti notare i capannoni dello storico tappetificio Radici di Cazzano Sant’Andrea e le varie zone industriali di Leffe e ti farà notare le fabbriche sbuffanti della chimica di Casnigo che svettano sull’altopiano del ‘l’agher’. Prendendo l’occasione, siccome in Valgandino siamo all’avanguardia nelle fonti rinnovabili, gli dirai: “Pensa che a Casnigo, il sindaco illuminato, vorrebbe farci anche una centrale a biomassa, con il materiale fecale dei bovini casnighesi e non solo”.
Evito di riportare i commenti espressi dal nostro turista per il rispetto dei vostri lettori. Ritorniamo nel capoluogo, il saluto si celebra davanti all’oratorio di Gandino, un edificio così freddo e anonimo che al nostro turista gli vengono i brividi, gli ultimi, prima di vederlo salire in auto ed allontanarsi, sicuri di non rivederlo mai più. Scusate il mio sfogo ma adesso mi sento meglio.

Grazie Il Camerlengo

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